giovedì 18 maggio 2023

Fili invisibili

  


 Pochi giorni fa mi stavo interrogando sulle ragioni di questo blog e in quale direzione vorrei che proseguisse.

  Ho iniziato a scrivere qui sull'onda di una promessa fatta a Tina, quando da "goccia" è diventata "oceano" e, grazie a lei, qualcosa di quell'oceano ho intravisto. Una consapevolezza, una luce, che poche volte nella vita ci viene concessa. Due volte solamente mi è capitato. Doveva passarmi a fianco la signora in nero perchè questo accadesse, perchè potessi realizzare quale rara e privilegiata esperienza mi veniva data di vivere e farne tesoro, a qualunque costo. 

  Uscita da quella dimensione di confine e ritornata qui, in un'energia più bassa e pesante, ho esperito quanto possa essere facile dimenticare, lasciando indebolire la forza della spinta evolutiva che mi era stata donata. La volontà, la determinazione chiedono di essere alimentate giorno per giorno. La luce, la felicità sono una nostra conquista, il frutto di un impegno costante.

   Fortunatamente non siamo soli e, come spesso si sente dire, l'universo ci sostiene, nel nostro percorso di vita, qui e dopo, aggiungo io. Siamo spiriti che anelano, per natura propria, alla luce infinita. Siamo parte di un tutto che è il supremo bene, a questo tendiamo e tutto intorno ci soccorre.

  Basta solo rendersene conto, guardarci dentro, per comprendere che è così e che, se prestiamo attenzione, tutta la nostra vita è intrisa di segnali, significati, richiami al nostro fine ultimo e a quello di tutti gli esseri: l'evoluzione, il viaggio verso la luce.

  Fili invisibili tessono la trama del nostro progetto esistenziale, sono richiami continui a chi siamo davvero, al di là di ogni maschera che indossiamo, di ogni ruolo sociale che interpretiamo... ahimè senza neppure renderecene conto. Si manifestano in ogni momento della quotidianità, in fatti che accadono, apparentemente banali, in incontri con altri esseri, in sogni, intuizioni o qualsiasi altro fenomeno che attende solo il risveglio della nostra consapevolezza, quel bagliore che ci illumina sulla direzione che dobbiamo prendere in ogni istante.

 Proprio una settimana fa incrocio Erika. Leggo il suo messaggio in un gruppo WhatsApp. È una richiesta di aiuto. Sta vivendo quei giorni che sono toccati anche a me, quando Tina ha lasciato questo mondo. Tra le righe del messaggio avverto il suo stato d'animo doloroso e la fatica di quella creatura, di specie non umana, che sta passando attraverso la dissoluzione degli elementi. Mi si stringe il cuore e qualcosa dentro di me si risveglia: il ricordo dei miei ultimi giorni con Tina e del significato di quell'esperienza. Non conosco Erika e non sono nessuno per lei. Eppure qualcosa mi spinge ad agire. È sera tardi e, dato l'orario, non mi pare opportuno inviare messaggi. L'indomani mattina, per prima cosa, le scrivo, in barba alla mia timidezza e a tutte quelle regole di distanza sociale che spesso si osservano anche sui social media. 

   Ho la sensazione che un filo invisibile mi conduca a Tina, quasi un richiamo all'eredità spirituale che mi aveva lasciato, al significato di tutti quei giorni condivisi con me, da quando aveva fatto ingresso per la prima volta in casa nostra. Un ricordarmi che nulla accade per caso nella nostra vita e ogni esperienza reca in sè un valore per la nostra crescita. Sento l'energia dolce e delicata di Tina attorno a me e la forza che sprigiona nella mia anima, rinnovando la promessa del mio impegno a vivere con forza e coraggio i giorni che mi sono dati in questa dimensione. 

  Invio un messaggio vocale ad Erika, lasciando che le mie parole scaturiscano da qualche profondità del mio essere. Questo è tutto quello che sentivo di dover fare per lei.  

  Per quanto mi riguarda sono tornata a questo blog, al significato che per me rappresenta, alla promessa fatta a Tina e al mio spirito.

lunedì 8 maggio 2023

La signora in nero


   


  Mi piace definirla così, la signora in nero, poichè evoca un'immagine di elenganza, di mistero, sicuramente di fascino. Affascinante per me lo è sempre stata e questa caratteristica viene fortemente accentutata dal fatto che di lei se ne parli poco o nulla. Vorrei rompere questo silenzio ma si sa, quando si tratta di un grande tabù, è sempre meglio andar cauti.

    Ma lei è spesso al centro dei miei segreti monologhi. Forse non passa un giorno che la trascuri. La sua presenza mi accompagna da sempre, con gentile discrezione in certi periodi della mia vita, con più assiduità in altri.

    La bella signora ovviamente è solo un simbolo, che racchiude il senso di tutto. Abbiamo un'unica certezza nella nostra vita: la morte. Paradossalmente la cosa più reale è quella che più viene relegata ai confini della mente, non pensandoci, evitando di parlarne, soprattutto nei contesti di socialità. E' il più grande tabù. Perlomeno nella nostra cultura, quella occidentale. 

    Eppure lei è la risposta ad ogni domanda, la soluzione ad ogni problema che possa assillarci. Come possiamo navigare nel mare della vita, se non abbiamo una bussola, fari o astri di riferimento? Se non sappiamo chi siamo, da dove veniamo e dove siamo diretti? Eppure la stragrande maggioranza delle persone si ritrova a seguire rotte senza averne chiaro il senso e l'unico senso che si può attribuire non può prescindere dal chiedersi cosa diavolo siamo venuti a fare in questo mondo. Nella risposta a questa domanda è racchiuso il significato della nostra esistenza e la risposta a tutte le nostre inquietudini, che sono molte di più di quelle che affiorano alla nostra coscienza. 

    Se non abbiamo chiarito a noi stessi la natura della morte, quello che ci attende dopo, non possiamo neppure capire il senso della nostra vita. Molti si danno la risposta più comoda e deresponsabilizzante: la morte è un mistero, chiudendo così il discorso e rimuovendo il tutto negli strati più profondi della propria coscienza. Così la morte si trasforma in tabù in quanto, proprio perchè irrisolta, assume i connotati spaventosi di tutto ciò che è perfettamente scononosciuto e che sarebbe meglio non evocare.

     "Ognuno desidera che la vita sia semplice, sicura e senza ostacoli; ecco perché i problemi sono tabù. L’uomo vuole certezze e non dubbi, risultati e non esperienze, senza accorgersi che le certezze non possono provenire che dai dubbi e i risultati dalle esperienze" affermava Jung. E' davvero così. Caduta l'illusione delle certezze piovute dal cielo, non rimane che la strada più facile: non cercare più risposte, quelle che solo noi possiamo darci. Per secoli la religione ha rappresentato un appiglio per molti, una fonte di risposte preconfezionate, un'autorità esterna a cui affidarsi ciecamente nel bene e nel male. Oggi, dopo periodi storici che hanno segnato profonde trasformazioni culturali, sociali, scientifiche, tecnologiche, ha perso, soprattutto in occidente, la sua funzione di guida etica e spirituale. Per fortuna direi, perchè è arrivato il momento di crescere, di ragionare con la propria testa, mettendo in discussione ogni nostra credenza, rimuovendo tutte quelle incrostazioni che i condizionamenti sociali e culturali hanno lasciato nella nostra personalità. E' ora di crescere e di avere il coraggio di cercare dentro di noi le risposte di cui abbiamo bisogno, entrando in contatto con la nostra più autentica natura, imparando finalmente ad ascoltarci, lasciando spazio alla nostra voce interiore, unica espressione di chi siamo davvero. 

    Per fare questo sono innanzitutto necessari il silenzio, la meditazione, la capacità di lasciare andare il chiasso del mondo esterno e il continuo chiacchericcio dell'ego. Occorrono pazienza e determinazione ma le intuizioni più profonde, gli sprazzi di luce, la pace interiore, la vera gioia non tarderanno ad arrivare. Si scioglieranno blocchi e traumi che da sempre ci accompagnano. Nuove visioni e significati si affacceranno alla nostra coscienza, dissipando ombre e fantasmi. 

   La dimensione dell'eterno è già parte di noi e attende solo di essere riconosciuta: una consapevolezza che stravolge completamente la nostra ordinaria percezione del tempo e la convinzione che tutto si giochi in quella manciata di anni che ci sono dati da vivere nella materia. È un salto su di un altro piano di frequenza, dove anche la signora in nero non farà più paura e mostrerà il suo dolce volto di luce.


venerdì 5 maggio 2023

Oltre le parole

 


 Gli animali ci mettono di fronte ad un nostro grande limite: l'incapacità di andare oltre le parole per ritrovare altri canali comunicativi come l'intuizione, l'empatia e la compassione. Credendo erroneamente che la mente razionale sia ciò che ci rende superiori alle altre specie, irretiti dall'incessante vaniloquio dell'ego, dimentichiamo quella capacità di comprendere... con il cuore, per dirla poeticamente.

 In questo calmo e silenzioso pomeriggio di fine settimana mi accorgo improvvisamente che Tina mi manca. Raramente ma può capitare che tutto sembri rallentare il ritmo: Africa e Leo sono in quello stato tranquillo e sonnecchiante tipicamente felino. Anch'io, in qualche modo, mi sintonizzo sulle stesse frequenze, lasciando spazio a qualche ricordo. Rivedo Tina che mi osserva, mentre mi concedo una breve e infrequente pausa di relax sul divano, con le gambe incrociate. Lei non si lascia sfuggire l'occasione di accucciarsi in grembo, dispensando benefiche fusa. 

  Nulla sembrava renderla felice come le mie carezze. Alzava i suoi grandi e verdi occhi verso di me e, attraverso quello sguardo, pareva passare un'energia potente, una volontà di comunicazione incontenibile. Ero quasi intimorita da tanta attenzione, come se temessi di non essere grado di sostenere una simile richiesta di legame. Mi pareva difficile mantenere quel contatto visivo. Sarebbe stato decisamente meno impegnativo essere sfuggente e di fretta, nel vortice degli incessanti e inderogabili impegni e progetti di vita. 

   Fermarsi obbliga a stare nel momento presente, nel qui ed ora, lasciando andare tutto il resto, per comprendere chi siamo davvero, la natura di quanto ci circonda e il senso del nostro esistere. Tina non aveva bisogno di parole per comunicarmi contenuti di grande saggezza e io neppure avrei saputo che farne del linguaggio verbale e della logica umana. Osservare in silenzio, mettermi in atteggiamento di ascolto e ricezione era tutto quello di cui necessitavo per entrare in uno stato energetico superiore.

  Sto vivendo un'esperienza simile da circa un mese, alle prese con alcune formiche che hanno invaso il luogo dove lavoro. L'unico problema: la mia presenza fisica che, nonostante tutta la volontà di non nuocere, è pur sempre una minaccia per la loro incolumità. Inutile dire che ho messo in atto tutti i tentativi possibili e immaginabili per evitare che finiscano sotto i miei piedi o sotto le rotelle della mia sedia da ufficio, rispettando tuttavia il loro bisogno di trovare cibo. In certi momenti mi fermo per controllare la situazione, osservo i loro comportamenti e scopro un'ncredibile natura: instancabili creature, non si fermano innanzi ad alcun ostacolo, trascinano pezzi di cibo enormi, portano soccorso alle compagne ferite o morenti, sembrano in perfetta sintonia tra loro.

  Non posso incrociare gli sguardi di quei minuscoli insetti ma sarebbero come quelli di Tina: un invito a lasciare andare tutto quanto ci fa correre e affannare, inseguendo ciò che è impermanente, per ritrovare, invece, chi siamo davvero: anime in transito su questo piano terreno, così come lo sono loro. 

  Ma loro lo sanno da sempre, noi noi.

sabato 29 aprile 2023

Il mio antispecismo

 

  

 

    Come spesso affermo, non mi si addice il termine "animalista", bensì  "antispecista".

   C'è una bella differenza e non è un caso se il primo è molto inflazionato mentre il secondo tende a sfuggire nell'uso e nella comprensione del suo significato.

    Molti si definiscono animalisti ma non sono in realtà antispecisti o aspecisti. Non basta essere mossi da sentimenti di simpatia o attrazione o pietà nei confronti degli animali per definirsi antispecisti e quindi per abbracciare una visione che davvero fa vacillare un sistema culturale e di credenze che, soprattutto in occidente, ha plasmato la nostra visione del mondo.

    L'animalismo può essere per molti di noi l'inizio di un percorso. L'emozione e la sensibilità sono sovente le prime molle che fanno mettere in discussione il nostro rapporto, tanto squilibrato quanto consolidato da millenni di storia, con gli altri animali e il pianeta che ci ospita. Personalmente penso che i sentimentalismi non portino da nessuna parte, si deve andare oltre la superficie, alle radici del nostro pensiero.

   L'antispecismo è un sistema filosofico e, come tale, può solo essere compreso entrando in risonanza con il nostro intuito e la nostra intelligenza. Non  a caso, infatti, non è insolito scoprire che una certa visione della realtà, che ha preso spontaneamente forma nella nostra mente, già appartiene al patrimonio filosofico dell'umanità. Possiamo anche affermare, così come mi piace pensare, che ci innalziamo a nuove consapevolezze, entrando in sintonia con quella Coscienza Universale che è perfetta intelligenza e tutto comprende. Infatti l'intuizione dell'assurdità di porre confini discriminatori tra esseri viventi è trasversale nella storia del pensiero e non ha limiti di tempo e spazio. Da Pitagora e Plutarco, fino a Peter Singer e Tom Regan, comprendendo filosofi come Michel de Montaigne, David Hume, Jean-Jacques Rousseau, Jeremy Bentham e Norberto Bobbio, tanto per citarne alcuni, non ha mai taciuto la voce di protesta contro quel lato oscuro dell'umanità che persiste, peraltro senza l'attenuante del bisogno, nell'infliggere sofferenze e morte alle creature classificate di specie diversa.

   Vorrei esplicare il mio antispecismo partendo da una delle più farisee obiezioni che mi sono state mosse in risposta al mio attivismo vegan. Tale contestazione aveva come contenuto un confronto moralista tra le mie battaglie per la liberazione animale e le donazioni, del mio interlocutore di turno, a favore dei bambini che muoiono di fame, opera ritenuta, dai più, espressione di massima filantropia e quindi indiscutibile. Io invece sono qui per discuterla.

   Personalmente non vedo nulla di nobile nel difendere a tutti i costi quanto ci assomigli e quindi ci rappresenti. Ci vedo piuttosto una richiesta dell'ego che, tradotta in breve, significa egoismo. Si, proprio così. Quando difendo a tutti i costi la mia specie, ovvero quelli che ho classificato simili a me, in realtà sto difendendo me stesso. E più alimento le istanze egoiche più cado in una cieca e ridicola presunzione di essere al centro del mondo. E, se andiamo oltre, al punto di far ricorso ad assiomi di natura religiosa per attribuire una sacra supremazia dell'essere umano, ovvero di se stessi, si cade ancora più in basso. Ecco che entra in gioco il perfetto postulato: dio creò l'uomo a sua immagine e somiglianza. Io direi che l'uomo (mi riferisco soprattutto al seguace delle principali religioni monoteiste) si è inventato un dio a sua immagine e somiglianza e, poichè è dio, ma anche se stesso, gli ha messo in bocca tutti i dogmi più comodi, quelli antropocentrici.

  Questo non significa non amare la propria specie e, tornando al bambino, mi occupo senz'altro di lui, proprio perchè indifeso. Ma un animale è ancora più indifeso del bambino, in quanto inserito nel sistema di dominio dell'uomo sulla terra, e, tranne rarissime eccezioni, considerato un oggetto. Nessun principio giuridico al mondo attribuisce diritti soggettivi agli animali e, le norme che li tutelano in qualche modo, laddove esistano, lo fanno solo indirettamente, in quanto è l'essere umano che, in ultima analisi si vuole direttamente tutelare e gli animali restano dei meri oggetti, asserviti in vario modo alle esigenze della specie dominante. La sofferenza e la morte di un animale possono ferire la sensibilità di alcuni o causare danno economico ma non esiste una soggettività giuridica degli animali, a cui far riferimento per gli infiniti casi di crudeltà, violenza e ingiustizia dei quali sono costantemente vittime. Talvolta le norme giuridiche stabiliscono doveri di rispetto nei loro confronti, in quanto parte del  contesto ambientale, il quale, secondo una mentalità che si sta sempre più diffondendo, deve essere tutelato, non per valore intrinseco, ma ahimè, in funzione utilitaristica nel contesto di un disegno antropocentrico.

   Ecco perchè, se possediamo un minimo senso della giustizia, è dei nostri fratelli animali che prima di tutto dobbiamo occuparci, proprio perchè sono loro le vere vittime di questo pianeta, i più indifesi, i più maltrattati, i più innocenti. Ho usato il termine "fratelli animali" non per qualche forma di misticismo o sentimentalismo ma per introdurre una riflessione che mi pare molto importante e vuole essere il cuore di questo post.

   Tornando a  Peter Singer e Tom Regan, è innegabile il grande contributo che hanno fornito per mettere in discussione quella visione di dominio dell'uomo sugli altri animali e il loro pensiero può essere un punto di partenza per ulteriori riflessioni e sviluppi di più elevata consapevolezza che, nel mondo antispecista, hanno iniziato a prendere forma. I due filosofi hanno dimostrato l'esistenza dei diritti degli animali partendo dalle somiglianze che presentano con gli esseri umani, posizione questa successivamente superata, in quanto accusata di velato antropocentrismo. Personalmente sono d'accordo. Non possiamo sviluppare un pensiero veramente evoluto partendo ancora una volta da noi stessi, insistendo nel voler stare al centro dell'universo. E' ora di levare le tende e riprendere quel viaggio senza fine di consapevolezza, attraverso i mondi, l'unico viaggio sensato. Dobbiamo dimenticarci di chi siamo e imparare a osservare e a ascoltare tutto quello che ci circonda e tutte le varie forme di vita, senza cercare di giudicare, classificare, di trovare somiglianze o differenze, in paragoni fuorvianti. La realtà è infinita e non si lascia certo imbrigliare dalle nostre limitate e misere categorie mentali. 

    In altre parole, sarebbe davvero poco intelligente, riconoscere dignità agli altri animali e un valore inestimabile alle loro vite solo perchè in loro ci rispecchiamo, diventando proiezioni della nostra vita interiore, con pensieri ed emozioni che, di sicuro, appartengono solo a noi. Conosciamo il nostro mondo interiore e ci illudiamo che sia superiore, in valore, a quello delle altre creature di cui, onestamente, non sappiamo nulla. 

     Dal mio punto di vista un antispecismo, che non cada nelle tanto frequenti quanto subdole trappole dell'antropocentrismo, deve fondarsi sulla presa di coscienza che l'uomo è animale tra gli animali, che non siamo in grado di comprendere la natura delle altre creature e che pertanto è assurda la pretesa di speculare ideologicamente su presunte somiglianze e differenze tra gli individui che, per "vizio" puramente umano, classifichiamo in specie. Ancora più assurdo è il meccanismo mentale di stabilire che esistano facoltà e capacità negli animali, etichettabili come superiori o inferiori. Tradotto in altre parole: non sono in grado di conoscere la vera natura di un lombrico, di entrare nel suo corpo e fare esperienza della sua interiorità. Pertanto non sono in grado di paragonarmi a lui. Quando ne trovo uno sull'asfalto, che il sole inizia ad arroventare, lo sposto all'ombra, sull'erba umida, così come recita una famosa citazione di Albert Schweitzer. In quel momento lui è come me ed io come lui, accomunati dalla cosa più importante: la vita. Questo mi basta per comprendere la sua dignità e il valore inestimabile del suo essere. La sua vita è importante quanto la mia. Intervenire nel momento di bisogno di qualsiasi essere vivente non può che essere salvifico, anche per noi stessi. Ma questo è tutto un altro discorso.

 

 

 

 

venerdì 14 aprile 2023

L'albero di Tina


    Quando Tina ha lasciato il suo corpo, abbiamo sentito di dover onorare il suo ricordo attraverso un simbolo di rinascita.

    Tre settimane dopo il suo ultimo saluto, in una splendida mattinata primaverile, un acero è stato messo a dimora nella verde distesa di un parco fluviale. Sotto le sue radici una vibrissa di Tina, a simboleggiare il passaggio della vita da una creatura ad un'altra, un legame che richiama quell'unità cosmica, quell'essere parte di un'unica coscienza universale.

   L'acero porta con sè una vasta simbologia, proveniente da molte parti del mondo e che si perde nella notte dei tempi. Ho fatto mia quella giapponese, secondo la quale l'acero rappresenta l'impermanenza, della cui consapevolezza non dovremmo mai scordarci di avere cura, spogliandoci così di tutto quanto è effimero nella nostra vita, nutrendo invece ciò che è eterno, il nostro spirito. Tina non aveva mai mancato di richiamarmi a questa coscienza, per elevarmi ad altri piani di frequenza.

  La piccola cerimonia si è svolta al termine di una passeggiata ecologica, alla presenza di una quarantina di persone, alle quali abbiamo parlato di Tina, con la voce del cuore, e dei nostri significati dietro questo gesto. Non ci era parso così scontato il valore che ha per noi l'ambiente e le attenzioni che vogliamo dedicargli. Questa pianeta non ci appartiene. Noi esseri umani siamo solo ospiti, insieme alle creature di altre specie. Abbiamo il dovere di prenderci cura della Madre Terra, che ci nutre e sostiene con i suoi frutti, così abbondanti da garantire a tutti noi sopravvivenza e benessere. Gli animali sono i nostri compagni di viaggio in questa vita, che ha il medesimo valore, inestimabile, per tutti, senza distinzione di specie. Gli animali non sono al nostro servizio, non sono cibo, non sono divertimento, non sono oggetti asserviti ai nostri scopi. Sono nostri fratelli e abbiamo il dovere di sostenerli e aiutarli nelle loro difficoltà, così come faremmo con un nostro simile. Prenderci cura dell'ambiente è, innanzitutto, prenderci cura di loro.

    L'acero, con il tempo, crescerà. Le sue radici si estenderanno in un amorevole abbraccio a quella parte di Tina che gli abbiamo affidato. Noi avremo cura dell'acero e, alla sua ombra, le nostre anime si acquieteranno.

venerdì 7 aprile 2023

Un blog per Tina

 

   L'idea di un  blog è rimasta in sospeso nelle mie intenzioni per molto tempo, perlomeno sei anni, quando nei abbozzai uno e, come bozza, è rimasto fino ad oggi, senza essere mai venuto alla luce... del web.

   Le motivazioni che allora mi avevano spinta, in un moto ahimè smorzato esponenzialmente, sono le stesse di oggi: il piacere della scrittura, l'impegno a comunicare qualcosa che si ritiene importante, la soddisfazione di coltivare un proprio spazio di creatività in rete.

  Ora è arrivato il momento giusto per dar forma a questa creatura, che da tempo ho desiderato. Me ne  sono resa conto lo scorso 17 marzo, quando la mia Tina è volata sul ponte dell'arcobaleno. Ne ho anche fatto cenno in un mio precedente post Tempi di svolta.

   Tina, negli ultimi mesi della sua vita, mi ha lasciato grandi insegnamenti e fatto percepire uno stato energetico più elevato, quello puro degli animali, che ci permette di intravedere un altro modo di vivere. Si, perchè le loro azioni sono genuina espressione del loro essere, senza tutti quegli ostacoli che noi umani frapponiamo tra noi stessi e la nostra autentica realizzazione: paure, insicurezze, giudizio.

    La mia gatta metteva in atto i suoi desideri senza alcuna esitazione. Quando voleva le coccole, le chiedeva e basta; non temeva un mio rifiuto e neppure si scoraggiava se non potevo, perchè presa da mille incombenze, non si chiedeva quanto l'amavo o quanto lei fosse amabile. Così, se voleva sgattaiolare fuori casa, andava e basta, senza "se" e senza "ma", senza che la sua testa producesse una varietà di congetture, come spesso accade a noi umani nel momento di agire. Neppure la malattia riuscì a smorzare la sua volontà che si mantenne viva fino al crollo del suo esile e sofferente corpicino. 

   Mi ha dato una grande lezione di coraggio, che ha spazzato via tutte le mie scuse e, dietro a queste, le mie paure. Le prime fanno la voce più grossa e sanno essere convincenti: non ho tempo per un blog, non è importante, non è utile. Le seconde sono più subdole, amano cammuffarsi ma suonano più o meno così: non sei capace, non hai nulla di interessante da scrivere, farai un sacco di stupidi errori, chi legge ti giudica e ti critica e... chi più ne ha più ne metta. 

   Tina non era ostacolata dal chiacchericcio mentale autosabotante. Lei realizzava pienamente il suo essere, senza porre resistenza al naturale flusso della sua energia e della vita. 

   Questo blog vuole innanzitutto essere, per me stessa, l'occasione per nutrire, nella mia anima, i semi dell'eredità spirituale di Tina. Scrivendo di lei, manterrò quella consapevolezza, quello stato vibrazionale elevato che mi ha trasmesso negli ultimi giorni della sua vita e in quelli seguenti. Lei, minuscola goccia, che si è unita all'oceano infinito della coscienza universale, è rimasta in contatto con me, in una zona di confine, tra questa e l'altra dimensione, per un tempo breve, ma che non voglio dimenticare. 

    So che la scrittura mi permetterà di mantenere accesa quella meravigliosa scintilla di consapevolezza, che la sua anima pura mi ha donato in segno di saluto. Un'esperienza rara, che mi era già capitata in passato e che ho avuto modo di rivivere qualche giorno fa. Sono convinta che, finchè permarremo in questo stato della materia, la luce ricevuta vada curata e alimentata, affinché non si spenga nell'oblio.

    


giovedì 6 aprile 2023

Perdonarsi e perdonare

   La cosa che, da sempre, più mi colpisce negli animali è l'innocenza, la purezza della loro anima.

  Certamente potremmo affrontare la questione da un punto di vista biologico, considerando quindi le differenze che l'organo cervello presenta nelle varie specie, compresa la nostra e le conseguenti varietà comportamentali. Fermo restando che, anche in questa prospettiva, si può solamente parlare di diversità e un confronto, finalizzato a voler stabilire la superiorità di una caratteristica rispetto ad un'altra, non avrebbe alcun senso. Ma i dati scientifici possono solo avere un valore strumentale nella nostra vita e non ci porterebbero da nessuna parte. L'unica guida che conta per noi è quella del cuore e non mi riferisco qui ad una qualche forma di superficiale sentimentalismo.

   Quando Tina ha iniziato a manifestare i segni della sua malattia, sono stata sommersa da una valanga di sensi di colpa che, ancora oggi, a tre settimane dalla sua morte, fanno inaspettatamente capolino nella mia coscienza e in quella del resto della famiglia. Non dovrebbe essere così, si sa, e su questo argomento si potrebbero scrivere fiumi di parole ma non è il mio intento ora. 

    Tina mi ha dato grandi lezioni sull'argomento perdono, per il quale ho speso parte della mia vita per comprenderne il senso più profondo e fare quel salto evolutivo davvero fondamentale. Eh sì, è questo un tema chiave della nostra esistenza e del nostro essere spiriti in viaggio verso la luce. Ma solo quella amabile e, talvolta, buffa quadrupede poteva scuotere la mia consapevolezza, come forse non era mai accaduto prima.

    La mia gatta, a differenza di noi umani, non categorizzava la realtà in bene e male, non formulava alcun giudizio etico o di altro tipo, non aveva la concezione di peccato nè tanto meno era in grado di esperire il senso di colpa. Come lei, tutti gli animali. Questa è innocenza pura. Senza le barriere del giudizio e della morale, tutto il bene possibile fluisce impetuoso come un fiume in piena e l'essere si realizza nella sua totalità, per ciò che davvero è, verso infinite possibilità.

    Tina non provava sensi di colpa quando uccideva un insetto, non avrebbe potuto fare diversamente, perchè programmata dall'istinto, senza possibilità di scelta. Noi esseri umani possiamo decidere se uccidere un ragno o prenderlo delicatamente e spostarlo in un luogo più idoneo per lui e per noi. Si, noi arriviamo ad un bivio e siamo chiamati a decidere, qualora un flash di coscienza ci illumina l'anima, se prendere la prima strada o la seconda, che è quella della consapevolezza e della compassione. Nel secondo caso, oltre all'innocente ragno, ne beneficeremo anche noi della scelta, realizzando quel potenziale dell'essere che, per intenderci, ci rende felici.

    Tina spesso si innervosiva con Leonardo, il micio ultimo arrivato a casa nostra. Passato quell'attimo di insofferenza, espresso con una soffiata o un minaccioso mugolio, ritornava il sereno. Tutto dimenticato e l'indesiderato Leo poteva, un'ora dopo, essere oggetto di una qualche affettuosa leccatina da parte della coinquilina, che non faceva altro che essere fedele a se stessa: un felino che, per quanto addomesticato, conserva pur sempre l'istinto della territorialità, come madre natura comanda. E andava benissimo così. Solo noi "inquilini" umani avremmo potuto avvalerci, semmai, della consapevolezza/responsabilità/potere di realizzare un ambiente domestico il più idoneo possibile per i nostri amati pelosetti. Loro non avrebbero potuto fare di più!

     Tina si accucciava sulle mie gambe incrociate, ogni volta che riuscivo a ritagliarmi del tempo per la lettura o la meditazione. Le sue fusa sfrenate avevano un grande potere per favorire il mio rilassamento ma erano accompagnate da una sorta di impastamento sulle mie ginocchia che, pur essendo protette dai miei indumenti, venivano piacevolmente "sbrindellate" dai suoi aguzzi artiglietti. Se poi mi scappava un colpo di tosse, reagiva con un fermo verso di stizza: probabilmente interpretava come una minaccia il mio sintomo stagionale. Gioiva intensamente per quegli istanti e invitava me a fare altrettanto. Pure mi esortava, inconsapevolmente, a perdonarla per gli inestetici segni che lasciava sulle mie gambe, a mo' di firma, e per le sue sgridate quando il mio linguaggio non verbale le pareva inopportuno! Come avrei potuto non farlo? Manifestava un amore incondizionato nei miei confronti, esprimendo la propria natura felina, che tale è e non può essere diversa. Era pura innocenza.

     Mi ha insegnato a perdonarmi. Perchè, se da un lato è vero che noi esseri umani abbiamo la possibilità di scegliere tra diversi comportamenti, è pur vero che qualsiasi scelta sarà subordinata al grado di consapevolezza e agli strumenti che possediamo nel preciso istante in cui decidiamo. A differenza degli animali, abbiamo un ventaglio più ampio di possibilità, ma le nostre azioni saranno pur sempre conseguenza del nostro grado di evoluzione e non potremo fare diversamente.

    Le lezioni più importanti sul perdono mi furono impartire da Tina negli ultimi mesi della sua vita, quando mi toccò prendermi cura della sua salute. Le visite veterinarie, un paio di flebo che dovetti praticarle, i farmaci omeopatici introdotti nella sua bocca erano momenti di disagio e talvolta di paura per lei. Ebbene sì, temevo che non mi avrebbe perdonata per essere la causa di quei piccoli tormenti, che andavano ad aggiungersi ai malesseri della sua malattia. Non avevo altra scelta per alleviare il suo male, eppure mi sentivo a disagio in quei frangenti, temendo addirittura di incrociare il suo sguardo e di leggere nei suoi occhi la delusione, il dispiacere, il rimprovero nei miei confronti. Invece no, i suoi occhi continuavano a esprimere dolcezza e amore per me, come se nulla fosse accaduto e così la sua anima permaneva in una dimensione di serenità. Lei separava il gesto, da me compiuto, dalla mia persona e forse, in questo senso, senza il peso del giudizio, il perdono non era neppure necessario.

   Tina non ha mai filosofato con me ma ha usato un canale potentissimo per illuminarmi sul perdono: il suo amore incondizionato. Lei mi ha mostrato quanti tormenti possiamo risparmiarci lasciando andare ciò che è stato, poiché il passato non esiste più e  chi ci fece un torto o ci ferì ieri, oggi non è più la stessa persona. E, soprattutto, perchè il perdono è il più grande dono di pace che possiamo fare a noi stessi.