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martedì 13 giugno 2023

Scrivere e basta

 


 

 La scrittura è da sempre la mia tentazione dietro l'angolo. Come una sorta di diavoletto ammiccante, ha fatto per la prima volta ingresso nella mia vita all'età di dieci anni. La straordinaria maestra Maria Grazia aveva infatti accettato di buon grado la mia idea di inserire, tra i temi da  da svolgere in classe, anche uno di fantascienza, riconoscendogli evidentemente una qualche dignità didattica. Per la prima volta sperimentai il peculiare piacere di giocare con le parole e la fantasia, ovvero la capacità di accedere ad un mondo magico, misterioso, tutto da scoprire, del quale ero io la sola a possederne le chiavi di acceso.

  Passarono gli anni e inevitabilmente famiglia e società mi tennero imbrigliata in tutt'altra realtà, quella che viene comunemente considerata reale, a torto. Quindi utilità e concretezza sono state le parole d'ordine delle mie giornate, tagliando fuori tutto il resto che non avrebbe portato risultati, secondo le aspettative della visione dominante. Addio ai lunghi pomeriggio di ozio, al vagabondaggio della mente alla scoperta delle terre sconosciute dell'anima, ai voli acrobatici nei cieli della fantasia, alla gioia di vivere nella dimensione delle infinite possibilità e del potere della creatività.

  Nelle varie stagioni della mia vita molte volte il diavoletto della scrittura si è presentato, invitandomi a tradurre in parole quanto di più genuino arrivava dalla mia interiorità, chiedendo spazio e ascolto, alcune volte per puro diletto, altre per sublimare l'angoscia e il dolore delle cadute nei miei abissi. In quest'ultimo senso credo che la creatività e l'arte siano doni che l'umanità ha ricevuto per guarire o perlomeno trovare sollievo dai propri mali.

  Io però ho sempre fatto resistenza, mal consigliata dai miei demoni interiori, di gran lunga più maligni del simpatico, e tutto sommato benevolo, diavoletto tentatore della scrittura. Ecco quindi una lunga carellata di scuse per non prendere penna e carta in mano (ora sostituite dal pc portatile): non ne vale la pena impegnarsi, non servirebbe a nulla, non sarebbe di interesse per nessuno, me compresa, e non avrebbe valore, non ho tempo, costanza, ispirazione, capacità, non è il momento, non è il caso e via dicendo.... Pensieri ovviamente serpeggianti sotto la superficie della coscienza, così da sfuggire al vaglio della più comune ragionevolezza.

  È stata una vita di tira e molla e ci voleva Tina a illuminarmi, a dare una sferzata di energia alla mia volontà, a insegnarmi la bellezza di un'esistenza messa totalmente a frutto in tutti i suoi aspetti. Dopo la morte della mia pelosetta bodhisattva qualcosa in me è cambiato, inaspettatamente. Un'energia nuova ha innescato un meccanismo che un richiamo, proveniente da qualche profondità della mia anima, rinnova ogni qualvolta tendo a perdermi tra debolezze mie e impermanenze del mondo. Sarà così per molto tempo ancora. Lo sento.

  Ho iniziato a mettere le mani sulla tastiera, senza alcuna remora, senza chiedermi cosa detterà la mia mente, se è pronta, se è piena o se è vuota, se sarà sola o accompagnata dal cuore. Mi siedo e basta, il resto viene da sè e non so neanche come. A ben pensarci è come se, una volta accomodata davanti al vecchio pc, i miei occhi inevitabilmente rotolassero all'indietro, esattamente nella direzione opposta a quella che viene chiamata realtà e si aprissero ad osservare altri scenari, quelli non raggiungibili con i cinque sensi. E' un susseguirsi di paesaggi interiori, estremamente ricchi e variegati, dalle infinite sfumature, che altro non attendono che essere raccontati. E' sorvolare le estetiche ed estatiche  praterie illimitate della creatività, solcate da fiumi di parole, che da sempre scorrono ai confini dell'ordinaria coscienza e le cui piene inondanti rendono fertile tutto il mio essere.

   Entrare in questo stato di flusso, di grazia, talvolta è immediato e mi piace immaginarlo come la voce del sé che cerca espressione, come lo spirito che filtra tra le ristrette maglie della materia. Quando questo non avviene significa che qualche resistenza sta bloccando il naturale scorrere dell'energia creativa. Sono le resistenze della mente giudicante, guidata dalle paure e dalle eccessive pretese della razionalità. In questi casi mi basta avere pazienza e, lasciando andare la presa resistente, qualcosa si riaccende in me, come un punto di luce che in poco tempo si espande illuminando le mille stanze della mente. È come quando da bambina mi immergevo nei giochi: nulla era più naturale e mi rendeva felice, il tempo non esisteva più e tutto il resto rimaneva fuori, compreso ogni senso del dovere. Scrivere è tornare a quell'infanzia perduta, ritrovando il puro piacere di essere e realizzare pienamente se stessi, senza limiti e regole imposte o autoimposte.

   Il prodotto della scrittura è una creatura, qualcosa che fino ad un certo punto è stato un tutt'uno con il proprio creatore, dal quale poi si separa assumendo una propria identità. Il secondo osserva la prima con orgoglio e stupore, scrutandola nei particolari, come se fosse ancora tutta da scoprire, meravigliandosene e continuando a prendersene cura, senza stancarsi, proprio come si farebbe con un figlio, con amore ma anche con segrete aspettative. Si, è un rapporto simile a quello genitore-figlio, un percorso di crescita insieme, costellato da sfide ma sempre in una cornice di gioia e giocosità. Poi arriva anche il momento di allentare il legame con la propria creatura, lasciandola andare con una benedizione.

    Quello che mi si palesa sempre più chiaro è che la scrittura non è solo un viaggio personale di piacere ma un percorso di conoscenza di sè, di presa di coscienza e sviluppo del pensiero. Qualsiasi cosa si decida di mettere nero su bianco implica la formulazione di un concetto più o meno semplice, a meno che si tratti di scrivere la lista della spesa. Quindi si tratta di far luce nel fluttante magma dei bisbigliati monologhi interiori, per ricercare un filo di ragionamenti concatenati del discorso che si vuole trattare, traducendolo in un testo chiaro, logico, comprensibile e sensato. È pur sempre un allenamento della mente nelle sue funzioni razionali da un lato e creative dall'altro, dove nulla viene dato per scontato ma analizzato e vagliato critcamente anche nei piccoli dettagli; un piacevole intrattenimento cerebrale che ci rende più consapevoli della nostra personale interpretazione della realtà e della nostra più intima natura. Il gioco linguistico è la ciliegina sulla torta. La ricerca della parola giusta, quella perfetta per rendere al meglio la sfumatura di pensiero che più sentiamo nostra, è un piacere tutto particolare, raffinato, un'attività che regala una sensazione di appagamento e pienezza alla mente pretenziosa e incontentabile. Quando finalemente abbiamo partorito il nostro scritto, ci sentiamo non solo appagati ma decisamente più consapevoli, ricchi interiormente e capaci di tradurre qualsiasi pensiero nella migliore forma logica e linguistica.

   Scrivere ogni giorno è un ottimo modo per prenderci cura di noi stessi, delle nostre facoltà mentali, così come, attraverso l'attività fisica regolare e costante, miriamo a manenere in forma e in salute il nostro sistema muscolare, scheletrico, cardiovascolare, nervoso e altro ancora. Dal mio punto di vista non esiste una differenza sostanziale tra il workout fisico e quello mentale: entrambi apportano beneficio a tutto il nostro essere, fisicamente, mentalmente, emotivamente e spiritualmente. Dopo essermi allenata sulla tastiera, sperimento sensazioni molto simili a quelle che provo dopo un'attività aerobica, come la corsa, o altri generi di fitness. Così come i muscoli, che hanno lavorato sodo, regalano la piacevole sensazione di acquistare turgore e irradiare energia e vitalità a tutta la persona, anche il cervello sembra comportarsi allo stesso modo, sprigionando un inaspettato potenziale.

   Ho inoltre la sensazione che, affinchè la scrittura resti ciò che deve restare, ovvero una passione, sia bene evitare di prenderla troppo sul serio. Quindi spontaneità e giocosità sono i principali ingredienti per un goloso risultato. Il primo ostacolo al godimento di questa attività è il giudizio che, ovviamente, parte in primo luogo da se stessi, cioè dai primi destinatari del proprio prodotto. Eventuali altri fruitori sono facoltativi e preferisco lasciarli al caso, che così casuale non è mai. Quindi, per puro gioco e senza alcuna pretesa, immagino di lasciare andare al web i miei scritti, come fossero messaggi inseriti in bottiglie  e poi affidate alle onde dell'oceano.

    Seppure per gioco, qualcosa di importante sento che ho da comunicare all'esterno, non fosse altro che per un innato senso di responabilità verso il mondo nel quale faccio esperienza, come spirito incarnato. Il mio dovere è dire la mia verità poi l'universo farà il resto.

 

giovedì 18 maggio 2023

Fili invisibili

  


 Pochi giorni fa mi stavo interrogando sulle ragioni di questo blog e in quale direzione vorrei che proseguisse.

  Ho iniziato a scrivere qui sull'onda di una promessa fatta a Tina, quando da "goccia" è diventata "oceano" e, grazie a lei, qualcosa di quell'oceano ho intravisto. Una consapevolezza, una luce, che poche volte nella vita ci viene concessa. Due volte solamente mi è capitato. Doveva passarmi a fianco la signora in nero perchè questo accadesse, perchè potessi realizzare quale rara e privilegiata esperienza mi veniva data di vivere e farne tesoro, a qualunque costo. 

  Uscita da quella dimensione di confine e ritornata qui, in un'energia più bassa e pesante, ho esperito quanto possa essere facile dimenticare, lasciando indebolire la forza della spinta evolutiva che mi era stata donata. La volontà, la determinazione chiedono di essere alimentate giorno per giorno. La luce, la felicità sono una nostra conquista, il frutto di un impegno costante.

   Fortunatamente non siamo soli e, come spesso si sente dire, l'universo ci sostiene, nel nostro percorso di vita, qui e dopo, aggiungo io. Siamo spiriti che anelano, per natura propria, alla luce infinita. Siamo parte di un tutto che è il supremo bene, a questo tendiamo e tutto intorno ci soccorre.

  Basta solo rendersene conto, guardarci dentro, per comprendere che è così e che, se prestiamo attenzione, tutta la nostra vita è intrisa di segnali, significati, richiami al nostro fine ultimo e a quello di tutti gli esseri: l'evoluzione, il viaggio verso la luce.

  Fili invisibili tessono la trama del nostro progetto esistenziale, sono richiami continui a chi siamo davvero, al di là di ogni maschera che indossiamo, di ogni ruolo sociale che interpretiamo... ahimè senza neppure renderecene conto. Si manifestano in ogni momento della quotidianità, in fatti che accadono, apparentemente banali, in incontri con altri esseri, in sogni, intuizioni o qualsiasi altro fenomeno che attende solo il risveglio della nostra consapevolezza, quel bagliore che ci illumina sulla direzione che dobbiamo prendere in ogni istante.

 Proprio una settimana fa incrocio Erika. Leggo il suo messaggio in un gruppo WhatsApp. È una richiesta di aiuto. Sta vivendo quei giorni che sono toccati anche a me, quando Tina ha lasciato questo mondo. Tra le righe del messaggio avverto il suo stato d'animo doloroso e la fatica di quella creatura, di specie non umana, che sta passando attraverso la dissoluzione degli elementi. Mi si stringe il cuore e qualcosa dentro di me si risveglia: il ricordo dei miei ultimi giorni con Tina e del significato di quell'esperienza. Non conosco Erika e non sono nessuno per lei. Eppure qualcosa mi spinge ad agire. È sera tardi e, dato l'orario, non mi pare opportuno inviare messaggi. L'indomani mattina, per prima cosa, le scrivo, in barba alla mia timidezza e a tutte quelle regole di distanza sociale che spesso si osservano anche sui social media. 

   Ho la sensazione che un filo invisibile mi conduca a Tina, quasi un richiamo all'eredità spirituale che mi aveva lasciato, al significato di tutti quei giorni condivisi con me, da quando aveva fatto ingresso per la prima volta in casa nostra. Un ricordarmi che nulla accade per caso nella nostra vita e ogni esperienza reca in sè un valore per la nostra crescita. Sento l'energia dolce e delicata di Tina attorno a me e la forza che sprigiona nella mia anima, rinnovando la promessa del mio impegno a vivere con forza e coraggio i giorni che mi sono dati in questa dimensione. 

  Invio un messaggio vocale ad Erika, lasciando che le mie parole scaturiscano da qualche profondità del mio essere. Questo è tutto quello che sentivo di dover fare per lei.  

  Per quanto mi riguarda sono tornata a questo blog, al significato che per me rappresenta, alla promessa fatta a Tina e al mio spirito.

venerdì 5 maggio 2023

Oltre le parole

 


 Gli animali ci mettono di fronte ad un nostro grande limite: l'incapacità di andare oltre le parole per ritrovare altri canali comunicativi come l'intuizione, l'empatia e la compassione. Credendo erroneamente che la mente razionale sia ciò che ci rende superiori alle altre specie, irretiti dall'incessante vaniloquio dell'ego, dimentichiamo quella capacità di comprendere... con il cuore, per dirla poeticamente.

 In questo calmo e silenzioso pomeriggio di fine settimana mi accorgo improvvisamente che Tina mi manca. Raramente ma può capitare che tutto sembri rallentare il ritmo: Africa e Leo sono in quello stato tranquillo e sonnecchiante tipicamente felino. Anch'io, in qualche modo, mi sintonizzo sulle stesse frequenze, lasciando spazio a qualche ricordo. Rivedo Tina che mi osserva, mentre mi concedo una breve e infrequente pausa di relax sul divano, con le gambe incrociate. Lei non si lascia sfuggire l'occasione di accucciarsi in grembo, dispensando benefiche fusa. 

  Nulla sembrava renderla felice come le mie carezze. Alzava i suoi grandi e verdi occhi verso di me e, attraverso quello sguardo, pareva passare un'energia potente, una volontà di comunicazione incontenibile. Ero quasi intimorita da tanta attenzione, come se temessi di non essere grado di sostenere una simile richiesta di legame. Mi pareva difficile mantenere quel contatto visivo. Sarebbe stato decisamente meno impegnativo essere sfuggente e di fretta, nel vortice degli incessanti e inderogabili impegni e progetti di vita. 

   Fermarsi obbliga a stare nel momento presente, nel qui ed ora, lasciando andare tutto il resto, per comprendere chi siamo davvero, la natura di quanto ci circonda e il senso del nostro esistere. Tina non aveva bisogno di parole per comunicarmi contenuti di grande saggezza e io neppure avrei saputo che farne del linguaggio verbale e della logica umana. Osservare in silenzio, mettermi in atteggiamento di ascolto e ricezione era tutto quello di cui necessitavo per entrare in uno stato energetico superiore.

  Sto vivendo un'esperienza simile da circa un mese, alle prese con alcune formiche che hanno invaso il luogo dove lavoro. L'unico problema: la mia presenza fisica che, nonostante tutta la volontà di non nuocere, è pur sempre una minaccia per la loro incolumità. Inutile dire che ho messo in atto tutti i tentativi possibili e immaginabili per evitare che finiscano sotto i miei piedi o sotto le rotelle della mia sedia da ufficio, rispettando tuttavia il loro bisogno di trovare cibo. In certi momenti mi fermo per controllare la situazione, osservo i loro comportamenti e scopro un'ncredibile natura: instancabili creature, non si fermano innanzi ad alcun ostacolo, trascinano pezzi di cibo enormi, portano soccorso alle compagne ferite o morenti, sembrano in perfetta sintonia tra loro.

  Non posso incrociare gli sguardi di quei minuscoli insetti ma sarebbero come quelli di Tina: un invito a lasciare andare tutto quanto ci fa correre e affannare, inseguendo ciò che è impermanente, per ritrovare, invece, chi siamo davvero: anime in transito su questo piano terreno, così come lo sono loro. 

  Ma loro lo sanno da sempre, noi noi.

venerdì 14 aprile 2023

L'albero di Tina


    Quando Tina ha lasciato il suo corpo, abbiamo sentito di dover onorare il suo ricordo attraverso un simbolo di rinascita.

    Tre settimane dopo il suo ultimo saluto, in una splendida mattinata primaverile, un acero è stato messo a dimora nella verde distesa di un parco fluviale. Sotto le sue radici una vibrissa di Tina, a simboleggiare il passaggio della vita da una creatura ad un'altra, un legame che richiama quell'unità cosmica, quell'essere parte di un'unica coscienza universale.

   L'acero porta con sè una vasta simbologia, proveniente da molte parti del mondo e che si perde nella notte dei tempi. Ho fatto mia quella giapponese, secondo la quale l'acero rappresenta l'impermanenza, della cui consapevolezza non dovremmo mai scordarci di avere cura, spogliandoci così di tutto quanto è effimero nella nostra vita, nutrendo invece ciò che è eterno, il nostro spirito. Tina non aveva mai mancato di richiamarmi a questa coscienza, per elevarmi ad altri piani di frequenza.

  La piccola cerimonia si è svolta al termine di una passeggiata ecologica, alla presenza di una quarantina di persone, alle quali abbiamo parlato di Tina, con la voce del cuore, e dei nostri significati dietro questo gesto. Non ci era parso così scontato il valore che ha per noi l'ambiente e le attenzioni che vogliamo dedicargli. Questa pianeta non ci appartiene. Noi esseri umani siamo solo ospiti, insieme alle creature di altre specie. Abbiamo il dovere di prenderci cura della Madre Terra, che ci nutre e sostiene con i suoi frutti, così abbondanti da garantire a tutti noi sopravvivenza e benessere. Gli animali sono i nostri compagni di viaggio in questa vita, che ha il medesimo valore, inestimabile, per tutti, senza distinzione di specie. Gli animali non sono al nostro servizio, non sono cibo, non sono divertimento, non sono oggetti asserviti ai nostri scopi. Sono nostri fratelli e abbiamo il dovere di sostenerli e aiutarli nelle loro difficoltà, così come faremmo con un nostro simile. Prenderci cura dell'ambiente è, innanzitutto, prenderci cura di loro.

    L'acero, con il tempo, crescerà. Le sue radici si estenderanno in un amorevole abbraccio a quella parte di Tina che gli abbiamo affidato. Noi avremo cura dell'acero e, alla sua ombra, le nostre anime si acquieteranno.

venerdì 7 aprile 2023

Un blog per Tina

 

   L'idea di un  blog è rimasta in sospeso nelle mie intenzioni per molto tempo, perlomeno sei anni, quando nei abbozzai uno e, come bozza, è rimasto fino ad oggi, senza essere mai venuto alla luce... del web.

   Le motivazioni che allora mi avevano spinta, in un moto ahimè smorzato esponenzialmente, sono le stesse di oggi: il piacere della scrittura, l'impegno a comunicare qualcosa che si ritiene importante, la soddisfazione di coltivare un proprio spazio di creatività in rete.

  Ora è arrivato il momento giusto per dar forma a questa creatura, che da tempo ho desiderato. Me ne  sono resa conto lo scorso 17 marzo, quando la mia Tina è volata sul ponte dell'arcobaleno. Ne ho anche fatto cenno in un mio precedente post Tempi di svolta.

   Tina, negli ultimi mesi della sua vita, mi ha lasciato grandi insegnamenti e fatto percepire uno stato energetico più elevato, quello puro degli animali, che ci permette di intravedere un altro modo di vivere. Si, perchè le loro azioni sono genuina espressione del loro essere, senza tutti quegli ostacoli che noi umani frapponiamo tra noi stessi e la nostra autentica realizzazione: paure, insicurezze, giudizio.

    La mia gatta metteva in atto i suoi desideri senza alcuna esitazione. Quando voleva le coccole, le chiedeva e basta; non temeva un mio rifiuto e neppure si scoraggiava se non potevo, perchè presa da mille incombenze, non si chiedeva quanto l'amavo o quanto lei fosse amabile. Così, se voleva sgattaiolare fuori casa, andava e basta, senza "se" e senza "ma", senza che la sua testa producesse una varietà di congetture, come spesso accade a noi umani nel momento di agire. Neppure la malattia riuscì a smorzare la sua volontà che si mantenne viva fino al crollo del suo esile e sofferente corpicino. 

   Mi ha dato una grande lezione di coraggio, che ha spazzato via tutte le mie scuse e, dietro a queste, le mie paure. Le prime fanno la voce più grossa e sanno essere convincenti: non ho tempo per un blog, non è importante, non è utile. Le seconde sono più subdole, amano cammuffarsi ma suonano più o meno così: non sei capace, non hai nulla di interessante da scrivere, farai un sacco di stupidi errori, chi legge ti giudica e ti critica e... chi più ne ha più ne metta. 

   Tina non era ostacolata dal chiacchericcio mentale autosabotante. Lei realizzava pienamente il suo essere, senza porre resistenza al naturale flusso della sua energia e della vita. 

   Questo blog vuole innanzitutto essere, per me stessa, l'occasione per nutrire, nella mia anima, i semi dell'eredità spirituale di Tina. Scrivendo di lei, manterrò quella consapevolezza, quello stato vibrazionale elevato che mi ha trasmesso negli ultimi giorni della sua vita e in quelli seguenti. Lei, minuscola goccia, che si è unita all'oceano infinito della coscienza universale, è rimasta in contatto con me, in una zona di confine, tra questa e l'altra dimensione, per un tempo breve, ma che non voglio dimenticare. 

    So che la scrittura mi permetterà di mantenere accesa quella meravigliosa scintilla di consapevolezza, che la sua anima pura mi ha donato in segno di saluto. Un'esperienza rara, che mi era già capitata in passato e che ho avuto modo di rivivere qualche giorno fa. Sono convinta che, finchè permarremo in questo stato della materia, la luce ricevuta vada curata e alimentata, affinché non si spenga nell'oblio.

    


giovedì 6 aprile 2023

Perdonarsi e perdonare

   La cosa che, da sempre, più mi colpisce negli animali è l'innocenza, la purezza della loro anima.

  Certamente potremmo affrontare la questione da un punto di vista biologico, considerando quindi le differenze che l'organo cervello presenta nelle varie specie, compresa la nostra e le conseguenti varietà comportamentali. Fermo restando che, anche in questa prospettiva, si può solamente parlare di diversità e un confronto, finalizzato a voler stabilire la superiorità di una caratteristica rispetto ad un'altra, non avrebbe alcun senso. Ma i dati scientifici possono solo avere un valore strumentale nella nostra vita e non ci porterebbero da nessuna parte. L'unica guida che conta per noi è quella del cuore e non mi riferisco qui ad una qualche forma di superficiale sentimentalismo.

   Quando Tina ha iniziato a manifestare i segni della sua malattia, sono stata sommersa da una valanga di sensi di colpa che, ancora oggi, a tre settimane dalla sua morte, fanno inaspettatamente capolino nella mia coscienza e in quella del resto della famiglia. Non dovrebbe essere così, si sa, e su questo argomento si potrebbero scrivere fiumi di parole ma non è il mio intento ora. 

    Tina mi ha dato grandi lezioni sull'argomento perdono, per il quale ho speso parte della mia vita per comprenderne il senso più profondo e fare quel salto evolutivo davvero fondamentale. Eh sì, è questo un tema chiave della nostra esistenza e del nostro essere spiriti in viaggio verso la luce. Ma solo quella amabile e, talvolta, buffa quadrupede poteva scuotere la mia consapevolezza, come forse non era mai accaduto prima.

    La mia gatta, a differenza di noi umani, non categorizzava la realtà in bene e male, non formulava alcun giudizio etico o di altro tipo, non aveva la concezione di peccato nè tanto meno era in grado di esperire il senso di colpa. Come lei, tutti gli animali. Questa è innocenza pura. Senza le barriere del giudizio e della morale, tutto il bene possibile fluisce impetuoso come un fiume in piena e l'essere si realizza nella sua totalità, per ciò che davvero è, verso infinite possibilità.

    Tina non provava sensi di colpa quando uccideva un insetto, non avrebbe potuto fare diversamente, perchè programmata dall'istinto, senza possibilità di scelta. Noi esseri umani possiamo decidere se uccidere un ragno o prenderlo delicatamente e spostarlo in un luogo più idoneo per lui e per noi. Si, noi arriviamo ad un bivio e siamo chiamati a decidere, qualora un flash di coscienza ci illumina l'anima, se prendere la prima strada o la seconda, che è quella della consapevolezza e della compassione. Nel secondo caso, oltre all'innocente ragno, ne beneficeremo anche noi della scelta, realizzando quel potenziale dell'essere che, per intenderci, ci rende felici.

    Tina spesso si innervosiva con Leonardo, il micio ultimo arrivato a casa nostra. Passato quell'attimo di insofferenza, espresso con una soffiata o un minaccioso mugolio, ritornava il sereno. Tutto dimenticato e l'indesiderato Leo poteva, un'ora dopo, essere oggetto di una qualche affettuosa leccatina da parte della coinquilina, che non faceva altro che essere fedele a se stessa: un felino che, per quanto addomesticato, conserva pur sempre l'istinto della territorialità, come madre natura comanda. E andava benissimo così. Solo noi "inquilini" umani avremmo potuto avvalerci, semmai, della consapevolezza/responsabilità/potere di realizzare un ambiente domestico il più idoneo possibile per i nostri amati pelosetti. Loro non avrebbero potuto fare di più!

     Tina si accucciava sulle mie gambe incrociate, ogni volta che riuscivo a ritagliarmi del tempo per la lettura o la meditazione. Le sue fusa sfrenate avevano un grande potere per favorire il mio rilassamento ma erano accompagnate da una sorta di impastamento sulle mie ginocchia che, pur essendo protette dai miei indumenti, venivano piacevolmente "sbrindellate" dai suoi aguzzi artiglietti. Se poi mi scappava un colpo di tosse, reagiva con un fermo verso di stizza: probabilmente interpretava come una minaccia il mio sintomo stagionale. Gioiva intensamente per quegli istanti e invitava me a fare altrettanto. Pure mi esortava, inconsapevolmente, a perdonarla per gli inestetici segni che lasciava sulle mie gambe, a mo' di firma, e per le sue sgridate quando il mio linguaggio non verbale le pareva inopportuno! Come avrei potuto non farlo? Manifestava un amore incondizionato nei miei confronti, esprimendo la propria natura felina, che tale è e non può essere diversa. Era pura innocenza.

     Mi ha insegnato a perdonarmi. Perchè, se da un lato è vero che noi esseri umani abbiamo la possibilità di scegliere tra diversi comportamenti, è pur vero che qualsiasi scelta sarà subordinata al grado di consapevolezza e agli strumenti che possediamo nel preciso istante in cui decidiamo. A differenza degli animali, abbiamo un ventaglio più ampio di possibilità, ma le nostre azioni saranno pur sempre conseguenza del nostro grado di evoluzione e non potremo fare diversamente.

    Le lezioni più importanti sul perdono mi furono impartire da Tina negli ultimi mesi della sua vita, quando mi toccò prendermi cura della sua salute. Le visite veterinarie, un paio di flebo che dovetti praticarle, i farmaci omeopatici introdotti nella sua bocca erano momenti di disagio e talvolta di paura per lei. Ebbene sì, temevo che non mi avrebbe perdonata per essere la causa di quei piccoli tormenti, che andavano ad aggiungersi ai malesseri della sua malattia. Non avevo altra scelta per alleviare il suo male, eppure mi sentivo a disagio in quei frangenti, temendo addirittura di incrociare il suo sguardo e di leggere nei suoi occhi la delusione, il dispiacere, il rimprovero nei miei confronti. Invece no, i suoi occhi continuavano a esprimere dolcezza e amore per me, come se nulla fosse accaduto e così la sua anima permaneva in una dimensione di serenità. Lei separava il gesto, da me compiuto, dalla mia persona e forse, in questo senso, senza il peso del giudizio, il perdono non era neppure necessario.

   Tina non ha mai filosofato con me ma ha usato un canale potentissimo per illuminarmi sul perdono: il suo amore incondizionato. Lei mi ha mostrato quanti tormenti possiamo risparmiarci lasciando andare ciò che è stato, poiché il passato non esiste più e  chi ci fece un torto o ci ferì ieri, oggi non è più la stessa persona. E, soprattutto, perchè il perdono è il più grande dono di pace che possiamo fare a noi stessi.


lunedì 3 aprile 2023

Vivere pienamente


  La lezione più interessante e utile, che ho imparato da Tina, è quella del vivere pienamente ogni istante.

  L'ho appresa, soprattutto, nelle ultime settimane della sua vita e ho compreso quanta saggezza possano trasmetterci gli animali, tutti gli animali, nessuno escluso, se solo mettessimo un po' più di amore e umiltà nell'osservarli!

  La mia straordinaria pelosetta, da alcuni mesi, si stava avviando gradualmente ed inesorabilmente verso il termine della sua esistenza, nonostante i nostri tentativi di fermare il suo male, oscillando tra la ferma volontà di salvarla e il timore di scivolare in qualche forma inutile e irrispettosa di accanimento terapeutico. 

  Mi tormentava il fatto di non essere in grado di comprendere la sua sofferenza e poter in qualche modo lenirla.

  Osservavo come al suo declino fisico, dovuto ad una insufficienza renale e ad una quasi accertata forma tumorale all'intestino, non corrispondeva la perdita di voglia di vivere. Anzi, più si avvicinava la fine, più sembrava voler godere di quanto di gradito e amabile la vita potesse ancora offrirle.

  Eppure i segnali di sofferenza fisica erano più che visibili: nausea, vomito, disturbi intestinali, malessere, debolezza e chissà quant'altro! La sete non le dava tregua e l'assunzione del cibo era sempre più scarsa e difficile. La perdita di peso non si arrestava e quel corpo morbido e soffice, di qualche anno prima, aveva lasciato il posto alla spigolosità delle sue piccole ossa, che il pelo diradato non riusciva più ad addolcire. 

 Al mio domandarmi quali sensazioni sgradevoli l'assilllassero giorno e notte, si contrapponeva la sua forza ad andare avanti, giorno per giorno, come se nulla fosse, gioiendo di tutto quanto era sempre stato per lei motivo di felicità: i nostri sguardi, le attenzioni, le coccole, le passeggiate outdoor con me, le visite dei nostri parenti e amici. Le sue fuse immediate a quei momenti erano per noi di grande conforto ed incoraggiamento. Si, proprio così: era lei che ci assicurava e dava forza!

  Nelle ultime settimane le zampette posteriori iniziarono a divenire deboli e instabili, rendendole arduo scendere e salire dai nostri letti, dal divano, dalle scale e persino percorre una manciata di metri. Eppure era deteminata a perseverare nelle sue abitudini, come se nulla fosse. Percepivo con grande stupore quel suo vivere nel momento presente, così difficile per noi umani, sopraffatti dai rimpianti per il passato e dalle inquietudini per il futuro. Mi mettevo nei suoi panni e immaginavo me stessa alla prese con una prognosi infausta, ossessionata dagli  oscuri dettagli di una via crucis che mi avrebbe attesa. Non era così per Tina, che viveva l'istante, libera dai fantasmi del dopo. La osservavo nei suoi passi incerti e difficili: ognuno di essi era un momento di serenità, completamente indipendente e noncurante di come sarebbe stato il prossimo. E così, passo dopo passo, andava avanti. Per me sarebbe stato impossibile, pensavo!

 Quando poi il suo corpo cedeva, si fermava e mi guardava serafica, facendomi comprendere che non poteva più saltare ma dovevo sollevarla, che non poteva più scendere le scale ma dovevamo prendere l'ascensore o che la nostra breve passeggiata avrebbe potuto farla in braccio a me...

  Non dimenticherò mai l'ultimo giorno che la vidi ancora attiva. Era stata una giornata davvero ingrata per lei. La dissenteria l'aveva sfiancata ed era necessario pulirla frequentemente durante la giornata, con brevi e delicate abluzioni, che accettava di buon grado, così come la seduta di agopuntura che avevamo in programma per quel giorno. Nonostante la debolezza, avevamo fatto pochi passi nell'area verde davanti a casa, rincorrendo gli ultimi raggi dorati di un sole calante dietro ai tetti, quasi un malinconico presagio. La sera sul tardi si portò lentamente davanti all'ingresso di casa, per esprimere un desiderio che io conoscevo molto bene da anni: la passeggiata in cantina. Arrivammo a destinazione con l'ascensore ma il suo passo era sorprendentemente deciso e trasmetteva entusiasmo. Una voglia di vivere non scalfita dalla sofferenza, un desiderio di assaporare ogni istante che le veniva ancora concesso. Fui sorpresa nel vederla mangiare con gusto gli "snack" che ultimamente le lasciavo a disposizione in quel luogo della casa, uno dei tanti espedienti per far sì che si nutrisse il più possibile.

   La mattina dopo ci fu l'ultimo tentativo di bere dal rubinetto, come desiderava fare, oltre che dalla ciotola e dalla fontanella. Non ce la fece e si accasciò. L'adagiammo su di un fianco nel nostro lettone che, il giorno seguente, divenne il suo letto di morte. Rimase cosciente fino alle nove e mezza del mattino, ancora con la sua voglia di vivere e di godere delle persone che l'amavano. Lo sguardo iniziava a perdersi nel vuoto ma ad ogni mia carezza rispondeva con le sue delicate fusa, esprimendo riconoscenza verso di noi e verso la vita. Poi un sommesso miagolio, lei che con i "miao" si era sempre espressa poco e, ancora meno, durante la malattia. Fu il suo ultimo saluto - e chissà quant'altro volesse comunicarmi - prima del coma.  

   E' noto il significato del "vivere qui e ora". Con Tina ho fatto esperienza della profonda radice di questa saggezza.




domenica 2 aprile 2023

Tina

 

 

 

  15 agosto 2009. Per le strade assolate e deserte di Cuneo si aggira spaventata una gattina. I suoi occhioni dolci e imploranti attirano l'attenzione di un'anima gentile che la raccoglie consegnandola al gattile. Alla nuova arrivata viene dato il nome di Assunta, davvero adatto al lei in più di un significato.

  E infatti non rimarrà neppure un giorno nel luogo dove avrebbe potuto, forse, passare il resto della sua vita. Poche ore dopo il suo arrivo conquista il cuore di una donna che si era recata per un'adozione di un gattino di pochi mesi. Non dimenticherò mai le parole di Graziella: "Avevamo già deciso di adottare il gattino ma quando vidi Assunta, appena arrivata al gattile e ancora dentro un trasportino, provai una grande tenerezza per quella creatura che, con i suoi occhi dolcissimi e smarriti, sembrava alla ricerca disperata dell'affetto di una famiglia. Non potei fare a meno di ascoltare il mio cuore e, senza pensarci su, la  portai a casa con il piccolo." Il nome Assunta tramutò in Tina, passando per Assuntina.

  Un mese dopo, per varie circostanze, Tina entra a far parte della nostra famiglia, la terza e ultima sua famiglia. Tornerà da Graziella un paio di volte, in occasione delle nostre vacanze. 

  Sarei tentata di affermare che Tina era una gatta speciale, ma sarebbe questa una visione che ho superato, soprattutto grazie a lei. Tutte le creature sono speciali e il non saper cogliere la meravigliosa unicità di ciascuno è un limite della nostra consapevolezza, è l'incapacità di scorgere la profonda natura di ogni essere. Con Tina ho colto l'essenza dell'amore incondizionato, ho visto la perfezione nell'imperfezione, ho ricevuto lezioni sul perdonarsi e il perdonare, ho compreso che per trovare quello che disperatamente cercavo era sufficiente fermarmi e semplicemente osservare e ascoltare, senza giudizio. I suoi grandi e verdi occhi erano in grado di trasmettere tutto questo. Bastava solo indugiare nel suo intenso e vibrante sguardo.

  Mi sono sempre chiesta - e con me anche Graziella - da dove arrivasse Tina, quale famiglia l'avesse vista crescere e forse anche nascere e come accadde che finì sulla strada in una giornata di Ferragosto. Forse, presa dalla curiosità di giovane gattina, era uscita dalla propria casa e poi, impaurita da qualcosa, si era smarrita? Forse si era trovata in stato di abbandono per qualche fatalità capitata al suo o suoi compagni umani? O, peggio ancora, era di troppo per qualcuno che aveva deciso che le ferie sono più importanti dell'amore puro di un angelo pelosetto? Probabilmente le sue origini rimarranno per me un mistero. Mi piace immaginare che qualcuno l'abbia accolta nella propria vita con amore e con l'intenzione di un "per sempre". A supporto di questa ipotesi, il fatto che fosse sterilizzata e in ottime condizioni.

  Comunque sia, lei è entrata nella mia vita e in quella dei miei famigliari e davvero non voglio credere al caso. Per me tutto ha un senso e trova collocazione nel progetto esistenziale che ognuno di noi si porta, a corredo, al momento della nascita. 

  E' incredibile quanto possiamo imparare dagli animali. Tina ha rafforzato in me questa consapevolezza che, nel corso della mia vita, è andata sempre più consolidandosi. Se solo noi umani riuscissimo a far cadere quella corazza di presunzione, arroganza e illusioni dell'ego, saremmo in grado di ricevere grandi insegnamenti dai nostri fratelli di specie diversa. Loro sono pura autenticità, scevri da quelle sovrastrutture, di cui tanto noi ci vantiamo ma che in realtà sono trappole e ostacoli, che ci impediscono di comprendere chi siamo veramente e di  realizzarci pienamente.

  Qualche tradizione buddhista vuole che anche in un animale possa albergare lo spirito evoluto di un bodhisattva, allo scopo di aiutare una persona o un'intera popolazione ad evolvere. E' questo un pensiero che custodisco nel mio cuore. Ora che Tina non è più con noi.



giovedì 30 marzo 2023

Tina entra nella nostra vita


   Tina voleva essere colei che avrebbe colmato il grande vuoto lasciato da Pallino, il primo gatto entrato nella nostra famiglia. La morte  del nostro amato famigliare aveva causato in noi una profonda tristezza e senso di impotenza. Era una perdita che necessitava di nuove consapevolezze per essere elaborata.

  Sapevamo benissimo che nessuno può prendere il posto di qualcun altro eppure sentivamo il bisogno di ricominciare una nuova relazione d’amore con chi, lo avevamo ben compreso, può essere il migliore maestro in materia.

  Seguendo il desiderio di mia figlia, più che comprensibile per una bambina di dodici anni che dolorosamente elaborava uno dei primi grandi lutti, chiesi timidamente al gattile, dal quale il nostro defunto micio proveniva, di poter adottare un altro gatto maschio, con il manto bianco e tigrato, combinato come quello di Pallino, ovviamente. Ero consapevole dell’assurdità della richiesta ma le lacrime di mia figlia trovarono una tenera comprensione. 

   Nessun gatto, tra una centinaia ospitati al gattile, possedeva i requisiti richiesti e, in un ultimo e disperato tentativo di superare l'empasse, i miei figli ed io fummo inviati in un'abitazione a pochi chilometri di distanza, dove, al quanto pare, una gattina era tenuta in stallo in attesa di una sistemazione definitiva. Era dunque una femmina, tutta tigrata, senza una minima porzione di bianco ma, chissà, forse avrebbe convinto mia figlia.

   Giunti a destinazione la signora, che ospitava Tina, ci venne incontro sull'uscio di casa e non potei fare a meno di notare, dietro di lei, due grandi e magnifici occhi verdi che esprimevano amore e un forte desiderio di stringere un profondo legame con qualcuno. Due finestre su un'anima pura che abitava il corpo minuto e rotondo di una gattina! Tina zampettava incuriosita verso di noi, insieme alla padrona di casa, che gentilmente ci accolse.

   Assomigliava ben poco a Pallino ma il suo sguardo catturò i nostri cuori e l'immediata tenerezza che provammo nei sui confronti non ci abbandonò più.

    Entrò nella nostra vita e condivise con noi capitoli della nostra vita familiare intensi e indimenticabili. Per quanto mi riguarda furono anni di scelte e cambiamenti importanti per la mia crescita. Lei, spettatrice discreta e silenziosa delle nostre vicende umane, non arrivò per caso. La sua presenza ci donò tanto quanto, al momento, non ne eravamo consapevoli.

    Ne sono più che convinta, ora che non c'è più.