martedì 13 giugno 2023

Scrivere e basta

 


 

 La scrittura è da sempre la mia tentazione dietro l'angolo. Come una sorta di diavoletto ammiccante, ha fatto per la prima volta ingresso nella mia vita all'età di dieci anni. La straordinaria maestra Maria Grazia aveva infatti accettato di buon grado la mia idea di inserire, tra i temi da  da svolgere in classe, anche uno di fantascienza, riconoscendogli evidentemente una qualche dignità didattica. Per la prima volta sperimentai il peculiare piacere di giocare con le parole e la fantasia, ovvero la capacità di accedere ad un mondo magico, misterioso, tutto da scoprire, del quale ero io la sola a possederne le chiavi di acceso.

  Passarono gli anni e inevitabilmente famiglia e società mi tennero imbrigliata in tutt'altra realtà, quella che viene comunemente considerata reale, a torto. Quindi utilità e concretezza sono state le parole d'ordine delle mie giornate, tagliando fuori tutto il resto che non avrebbe portato risultati, secondo le aspettative della visione dominante. Addio ai lunghi pomeriggio di ozio, al vagabondaggio della mente alla scoperta delle terre sconosciute dell'anima, ai voli acrobatici nei cieli della fantasia, alla gioia di vivere nella dimensione delle infinite possibilità e del potere della creatività.

  Nelle varie stagioni della mia vita molte volte il diavoletto della scrittura si è presentato, invitandomi a tradurre in parole quanto di più genuino arrivava dalla mia interiorità, chiedendo spazio e ascolto, alcune volte per puro diletto, altre per sublimare l'angoscia e il dolore delle cadute nei miei abissi. In quest'ultimo senso credo che la creatività e l'arte siano doni che l'umanità ha ricevuto per guarire o perlomeno trovare sollievo dai propri mali.

  Io però ho sempre fatto resistenza, mal consigliata dai miei demoni interiori, di gran lunga più maligni del simpatico, e tutto sommato benevolo, diavoletto tentatore della scrittura. Ecco quindi una lunga carellata di scuse per non prendere penna e carta in mano (ora sostituite dal pc portatile): non ne vale la pena impegnarsi, non servirebbe a nulla, non sarebbe di interesse per nessuno, me compresa, e non avrebbe valore, non ho tempo, costanza, ispirazione, capacità, non è il momento, non è il caso e via dicendo.... Pensieri ovviamente serpeggianti sotto la superficie della coscienza, così da sfuggire al vaglio della più comune ragionevolezza.

  È stata una vita di tira e molla e ci voleva Tina a illuminarmi, a dare una sferzata di energia alla mia volontà, a insegnarmi la bellezza di un'esistenza messa totalmente a frutto in tutti i suoi aspetti. Dopo la morte della mia pelosetta bodhisattva qualcosa in me è cambiato, inaspettatamente. Un'energia nuova ha innescato un meccanismo che un richiamo, proveniente da qualche profondità della mia anima, rinnova ogni qualvolta tendo a perdermi tra debolezze mie e impermanenze del mondo. Sarà così per molto tempo ancora. Lo sento.

  Ho iniziato a mettere le mani sulla tastiera, senza alcuna remora, senza chiedermi cosa detterà la mia mente, se è pronta, se è piena o se è vuota, se sarà sola o accompagnata dal cuore. Mi siedo e basta, il resto viene da sè e non so neanche come. A ben pensarci è come se, una volta accomodata davanti al vecchio pc, i miei occhi inevitabilmente rotolassero all'indietro, esattamente nella direzione opposta a quella che viene chiamata realtà e si aprissero ad osservare altri scenari, quelli non raggiungibili con i cinque sensi. E' un susseguirsi di paesaggi interiori, estremamente ricchi e variegati, dalle infinite sfumature, che altro non attendono che essere raccontati. E' sorvolare le estetiche ed estatiche  praterie illimitate della creatività, solcate da fiumi di parole, che da sempre scorrono ai confini dell'ordinaria coscienza e le cui piene inondanti rendono fertile tutto il mio essere.

   Entrare in questo stato di flusso, di grazia, talvolta è immediato e mi piace immaginarlo come la voce del sé che cerca espressione, come lo spirito che filtra tra le ristrette maglie della materia. Quando questo non avviene significa che qualche resistenza sta bloccando il naturale scorrere dell'energia creativa. Sono le resistenze della mente giudicante, guidata dalle paure e dalle eccessive pretese della razionalità. In questi casi mi basta avere pazienza e, lasciando andare la presa resistente, qualcosa si riaccende in me, come un punto di luce che in poco tempo si espande illuminando le mille stanze della mente. È come quando da bambina mi immergevo nei giochi: nulla era più naturale e mi rendeva felice, il tempo non esisteva più e tutto il resto rimaneva fuori, compreso ogni senso del dovere. Scrivere è tornare a quell'infanzia perduta, ritrovando il puro piacere di essere e realizzare pienamente se stessi, senza limiti e regole imposte o autoimposte.

   Il prodotto della scrittura è una creatura, qualcosa che fino ad un certo punto è stato un tutt'uno con il proprio creatore, dal quale poi si separa assumendo una propria identità. Il secondo osserva la prima con orgoglio e stupore, scrutandola nei particolari, come se fosse ancora tutta da scoprire, meravigliandosene e continuando a prendersene cura, senza stancarsi, proprio come si farebbe con un figlio, con amore ma anche con segrete aspettative. Si, è un rapporto simile a quello genitore-figlio, un percorso di crescita insieme, costellato da sfide ma sempre in una cornice di gioia e giocosità. Poi arriva anche il momento di allentare il legame con la propria creatura, lasciandola andare con una benedizione.

    Quello che mi si palesa sempre più chiaro è che la scrittura non è solo un viaggio personale di piacere ma un percorso di conoscenza di sè, di presa di coscienza e sviluppo del pensiero. Qualsiasi cosa si decida di mettere nero su bianco implica la formulazione di un concetto più o meno semplice, a meno che si tratti di scrivere la lista della spesa. Quindi si tratta di far luce nel fluttante magma dei bisbigliati monologhi interiori, per ricercare un filo di ragionamenti concatenati del discorso che si vuole trattare, traducendolo in un testo chiaro, logico, comprensibile e sensato. È pur sempre un allenamento della mente nelle sue funzioni razionali da un lato e creative dall'altro, dove nulla viene dato per scontato ma analizzato e vagliato critcamente anche nei piccoli dettagli; un piacevole intrattenimento cerebrale che ci rende più consapevoli della nostra personale interpretazione della realtà e della nostra più intima natura. Il gioco linguistico è la ciliegina sulla torta. La ricerca della parola giusta, quella perfetta per rendere al meglio la sfumatura di pensiero che più sentiamo nostra, è un piacere tutto particolare, raffinato, un'attività che regala una sensazione di appagamento e pienezza alla mente pretenziosa e incontentabile. Quando finalemente abbiamo partorito il nostro scritto, ci sentiamo non solo appagati ma decisamente più consapevoli, ricchi interiormente e capaci di tradurre qualsiasi pensiero nella migliore forma logica e linguistica.

   Scrivere ogni giorno è un ottimo modo per prenderci cura di noi stessi, delle nostre facoltà mentali, così come, attraverso l'attività fisica regolare e costante, miriamo a manenere in forma e in salute il nostro sistema muscolare, scheletrico, cardiovascolare, nervoso e altro ancora. Dal mio punto di vista non esiste una differenza sostanziale tra il workout fisico e quello mentale: entrambi apportano beneficio a tutto il nostro essere, fisicamente, mentalmente, emotivamente e spiritualmente. Dopo essermi allenata sulla tastiera, sperimento sensazioni molto simili a quelle che provo dopo un'attività aerobica, come la corsa, o altri generi di fitness. Così come i muscoli, che hanno lavorato sodo, regalano la piacevole sensazione di acquistare turgore e irradiare energia e vitalità a tutta la persona, anche il cervello sembra comportarsi allo stesso modo, sprigionando un inaspettato potenziale.

   Ho inoltre la sensazione che, affinchè la scrittura resti ciò che deve restare, ovvero una passione, sia bene evitare di prenderla troppo sul serio. Quindi spontaneità e giocosità sono i principali ingredienti per un goloso risultato. Il primo ostacolo al godimento di questa attività è il giudizio che, ovviamente, parte in primo luogo da se stessi, cioè dai primi destinatari del proprio prodotto. Eventuali altri fruitori sono facoltativi e preferisco lasciarli al caso, che così casuale non è mai. Quindi, per puro gioco e senza alcuna pretesa, immagino di lasciare andare al web i miei scritti, come fossero messaggi inseriti in bottiglie  e poi affidate alle onde dell'oceano.

    Seppure per gioco, qualcosa di importante sento che ho da comunicare all'esterno, non fosse altro che per un innato senso di responabilità verso il mondo nel quale faccio esperienza, come spirito incarnato. Il mio dovere è dire la mia verità poi l'universo farà il resto.